T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 10/12/2019, n. 14129. Istanza di accesso agli atti e documento richiesto non ostensibile ex art. 54-bis D.Lgs. 165/2001.

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T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 10/12/2019, n. 14129. Istanza di accesso agli atti e documento richiesto non ostensibile ex art. 54-bis D.Lgs. 165/2001.

La recente sentenza del T.A.R. Lazio si è pronunciata in senso favorevole sulla richiesta di annullamento della nota dell’ANAC dell’11 ottobre 2019 prot. 80390 con la quale il Dirigente dell’Area Vigilanza – Ufficio Vigilanza Lavori aveva comunicato che il documento richiesto dal ricorrente non era ostensibile poiché rientrante nell’ambito di tutela di cui all’art. 54 bis D.Lgs. 165/2001 e dell’art. 22 comma 3 del regolamento ANAC sui procedimenti relativi all’accesso civico e ai documenti detenuti dall’ANAC.

Il caso riguardava il procedimento istruttorio n. 3739/2016 relativo alla presunta incompatibilità del ricorrente quale componente di una commissione di accordo bonario per la risoluzione delle riserve iscritte da un’ATI nell’ambito di un appalto gestito dal ricorrente stesso, procedimento che era stato generato da un esposto presentato dal Responsabile per la Prevenzione della Corruzione ed acquisito al prot. ANAC n. 118663 del 5 agosto 2016, il quale aveva ricevuto, da un whistleblower, le informazioni poi riversate nell’esposto.

Nel merito, Il T.A.R. Lazio ha riconosciuto la sussistenza di un interesse del ricorrente ad accedere agli atti richiesti sulla base del consolidato principio giurisprudenziale (per tutte: T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II bis, 31 ottobre 2019, n. 12541) in virtù del quale “il diritto di accesso a documenti amministrativi è riconosciuto a chiunque abbia un interesse diretto, concreto e attuale, che corrisponde ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso, non essendo pertanto necessaria l'instaurazione di un giudizio bensì sufficiente la dimostrazione del grado di protezione al bene della vita dal quale deriva l'interesse ostensivo, pertanto la legittimazione all'accesso agli atti della P.A. va riconosciuta a chi è in grado di dimostrare che gli atti oggetto dell'accesso hanno prodotto o possano produrre effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, a prescindere dalla lesione di una posizione giuridica” e, tuttavia, con riferimento al punto nodale della controversia, e cioè alla ragione posta a base del diniego all’accesso opposto dall’ANAC, ed ha anche rilevato che l’art. 54 bis del D.Lgs. 165/2001 (come modificato dall’art. 1 L. 179/2017), il quale disciplina il c.d. whistleblowing, detta specifiche disposizioni volte a preservare da eventuali ritorsioni il dipendente pubblico che segnali illeciti stabilendo (per quanto qui di interesse) che “1. Il pubblico dipendente che, nell'interesse dell'integrità della pubblica amministrazione, segnala al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190, ovvero all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), o denuncia all'autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione….2. 2. Ai fini del presente articolo, per dipendente pubblico si intende il dipendente delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, ivi compreso il dipendente di cui all'articolo 3, il dipendente di un ente pubblico economico ovvero il dipendente di un ente di diritto privato sottoposto a controllo pubblico ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile. La disciplina di cui al presente articolo si applica anche ai lavoratori e ai collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell'amministrazione pubblica. 3. L'identità del segnalante non può essere rivelata. Nell'ambito del procedimento penale, l'identità del segnalante è coperta dal segreto nei modi e nei limiti previsti dall'articolo 329 del codice di procedura penale. Nell'ambito del procedimento dinanzi alla Corte dei conti, l'identità del segnalante non può essere rivelata fino alla chiusura della fase istruttoria…. 4. La segnalazione è sottratta all'accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni”.

Chiarendo la portata dei rapporti tra le due normative, il T.A.R. Lazio ha ritenuto che, nel caso di specie relativo alla nota dell’11 ottobre 2019 prot. 80390 di diniego della richiesta di accesso agli atti, l’ANAC avesse operato una erronea sovrapposizione fra la figura del “segnalante”, ossia il whistleblower, a presidio del cui anonimato sono dettate le prescrizioni innanzi ricordate, e colui che aveva ricevuto la notizia dell’illecito in qualità di Responsabile per la Prevenzione della Corruzione all’interno dell’amministrazione interessata e che, poi, aveva materialmente redatto l’esposto inviato all’ANAC.

In considerazione di ciò, il T.A.R. ha rilevato l’illegittimità del diniego opposto dall’ANAC alla richiesta di accesso agli atti presentata dal ricorrente e disposto l’obbligo per l’ANAC stessa di ostendere gli atti richiesti, ivi compreso l’esposto redatto dal Responsabile per la Prevenzione della Corruzione (che, lo si ripete, non è la “segnalazione” del whistleblower ma ne contiene le circostanze di fatto), previo, tuttavia l’oscuramento dei dati riguardanti l’identità del whistleblower e i fatti materiali ivi riportati, dai quali fosse possibile risalire all’identità del whistleblower, a nulla rilevando che, per sommi capi, tali fatti potessero essere stati resi noti nell’ambito del procedimento istruttorio svoltosi presso l’ANAC.

Diversamente opinando, ha precisato il T.A.R. Lazio, si finirebbe con l’allargare, a piacimento dell’amministrazione, le maglie della previsione normativa di cui al più volte citato art. 54 bis D.Lgs. 165/2001, operazione questa non consentita alla stregua del generale canone che rende tassative e, quindi, di stretta interpretazione le ipotesi di deroga o sottrazione all’accesso e tenuto, altresì, conto che specifiche esigenze di tutela della riservatezza di soggetti terzi, anche normativamente previste, possono essere salvaguardate mediante oscuramento delle relative informazioni, senza pregiudicare complessivamente l’accesso.